Oltre al piacere della buona pizza, il forno a legna ha quasi un potere ipnotico: a chi non è capitato di guardarlo e di osservare la brace sul lato sinistro del forno, dove il pizzaiolo inserisce qualche ciocco di legna per tenere viva la fiamma, mentre sul lato destro le pizze prendono velocemente colore?
Il cibo, posto all’interno del forno a legna, è sottoposto a riscaldamento fino al raggiungimento del grado ottimale di cottura a seconda del gradimento personale. Il riscaldamento del cibo avviene attraverso uno o più dei tre fenomeni fisici di conduzione del calore che sono: per convezione, per conduzione e per irraggiamento.
La fiamma viva e brillante del forno a legna dora con il suo intenso irraggiamento la superficie esterna del cibo. Per la maggior parte delle pietanze (come pizza, arrosti, verdure, patate, sformati) la doratura esterna è il massimo del sapore.
L’installazione del forno a legna per la propria attività è soggetta però a delle normative, in quanto questo strumento essenziale può risultare inquinante e dannoso per l’ambiente se non si rispettano determinati criteri di installazione, manutenzione e pulizia.
A tal proposito, è stato recentemente chiarito attraverso una nota del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio che “Non sussistono divieti per l’esercizio di forni a legna ma solo norme che regolamentano le emissioni in atmosfera. Per i forni a legna il rispetto di tali limiti non richiede l’installazione di sistemi di abbattimento ma solo l’applicazione di buone pratiche di gestione”.
Entrando nello specifico delle normative per forni a legna, vediamo quali sono i criteri a cui tutte le attività che utilizzano questo nobile strumento devono attenersi.
Installazione e manutenzione del forno: quali sono i criteri?
È necessaria qualche autorizzazione particolare per l’installazione del forno a legna? Oppure, visto la proprietà privata del locale dedito all’attività, lo si può installare dove e quando si vuole?
Sono questi i principali quesiti che si pongono i ristoratori quando decidono di utilizzare per la propria attività un forno a legna. Le normative riguardo l’installazione del forno a legna non solo dipendono dalle stesse caratteristiche del forno, ma anche dalla collocazione del locale.
Se il forno a legna è costituito da una struttura mobile, le cose sono più semplici: lo sposta dove non dà fastidio e, quando non serve, lo si mette via. Non si tratta, dunque, di una struttura ancorata a terra e realizzata in muratura.
Proprio per questo, i forni a legna mobili sono la soluzione ottimale per i pizzaioli più versatili ed esigenti.
Per quanto riguarda le normative per i tradizionali forni a legna per pizzerie, questi ultimi devono essere dotati di un condotto di espulsione fumi (canna fumaria) indipendente e sfociante all’esterno, in posizione tale da non interferire con eventuali aperture di ventilazione naturali o artificiali, evitando così eventuali dispersioni e contaminazioni nelle zone di produzione o lavorazione.
Infine, l’operatore deve assicurare una pulizia costante e continua del forno a legna, che rappresenta un punto critico di controllo determinante per garantire un prodotto sicuro al consumatore.
La pulizia del forno deve essere eseguita da una azienda specializzata e deve ricomprendere sempre la pulizia della canna fumaria e la rimozione di ceneri residue. Risulta comunque buona prassi igienica pulire con spazzola e paletta il pianale del forno dove si depositano ceneri e farina delle precedenti cotture.
La legna da ardere: elemento essenziale, anche per la legge
Per quanto riguarda la legna da ardere utilizzata per i forni, le normative vigenti stabiliscono che “un’impresa alimentare non deve accettare materie prime o ingredienti o qualsiasi materiale utilizzato nella trasformazione dei prodotti, se risultano contaminati, da parassiti, microrganismi patogeni o tossici, sostanze decomposte o estranee in misura tale che il prodotto finale risulti inadatto al consumo umano, anche dopo che l’impresa alimentare ha eseguito in maniera igienica le normali operazioni di cernita e/o le procedure preliminari o di trattamento”.
È bene che il titolare dell’attività si provveda di dichiarazione del fornitore inerente la provenienza della legna e la sua idoneità alla cottura di alimenti. I controlli, con riferimento a detta materia, spettano al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, Autorità nazionale competente che si avvale del Corpo forestale dello Stato.
Il commerciante che non conserva per almeno cinque anni i nominativi e gli indirizzi dei venditori e degli acquirenti del legno e dei prodottida esso derivati, completi delle relative indicazioni qualitative e quantitative delle singole forniture, ovvero non fornisce le suddette informazioni richieste dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da € 150,00 a € 1.500,00.
La legna deve essere sostanzialmente in ottimo stato, con certificazione dei fornitori circa la provenienza e l’idoneità per l’impiego in ambito alimentare, tesa ad escludere che sia verniciata, trattata o contaminata in alcun modo. La mancanza di certificazione comporterebbe per il titolare dell’attività l’esigenza di provare direttamente che la legna sia idonea, che non si tratti di un rifiuto o che addirittura non sia contaminata.
Se si rispettano questi criteri, l’utilizzo della legna come combustibile non è assolutamente antiecologico. Anzi, se si fa la dovuta attenzione sulla tracciabilità della stessa, è di ottimo impatto sull’ambiente e si fa da “spalla” al ripopolamento dei boschi, con migliori conseguenze per l’ambiente in termini di scambio di ossigeno – anidride carbonica.
Ritornando alle normative per forni a legna, la legge stabilisce che nei forni a legna dei pubblici esercizi possono essere utilizzati anche i residui di potatura, oltre ad altri residui di materiali legnosi (quali segatura, trucioli, chips, refili e tondelli di legno vergine) esclusi dal campo di attenzione dei rifiuti e che potenzialmente ricadono fra i sottoprodotti utilizzabili per tipologia e provenienza come combustibili.
La fake news del divieto europeo: l’UE smentisce e approva la cottura a legna
L’utilizzo dei forni a legna dovrebbe essere soggetto solamente alla normativa che disciplina le immissioni in atmosfera, nonché all’applicazione di generiche pratiche di buona gestione, sfatando i preoccupanti divieti provenienti dalla legislazione europea circolati sui mezzi di stampa, e facendo tirare un sospiro di sollievo alle associazioni di categoria del settore della ristorazione e ai commercianti stessi.
Divieti presto smentiti dalla stessa Unione Europea: nessuna direttiva, infatti, è stata trovata contro i forni a legna per alimenti, facendo nascere un piccolo “giallo informativo”. In ogni caso, i forni in questione hanno una scarsissima rilevanza dal punto di vista dell’inquinamento atmosferico prodotto, diversamente da altre attività industriali di altra importanza.
La notizia aveva di certo creato serie preoccupazioni, rimanendo per buona parte incompresa. È noto, infatti, che la pizza (o altri generi alimentari come, ad esempio, il pane) cotta nel forno a legna, una pietanza da sempre alla base della tradizione gastronomica italiana e mediterranea in genere, offre di per sé garanzia di igiene proprio per le modalità di cottura previste.
Da marzo 2006 inoltre, i forni a legna sono stati adeguati, seguendo severi requisiti tecnici e costruttivi. In conclusione, tempo fa veniva diffusa a gran voce la notizia (poi rivelatasi infondata) della messa al bando dei forni a legna da parte della Commissione Europea. I motivi sarebbero stati di tipo igienico sanitari. Peccato però che la stessa Commissione confermò l’infondatezza delle notizie diffuse in Italia dalla stampa e da altri mezzi di informazione, Internet in primis: la legislazione europea in materia di igiene riguardante i sistemi tradizionali di cottura della pizza era contenuta nella direttiva 93/43/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, sull’igiene dei prodotti alimentari (oggi sostituita dal cosiddetto “pacchetto igiene”: Regolamenti (CE) 852, 853, 854, 882/2004, e Direttiva 2002/99).
Questa direttiva non stabiliva alcuna disposizione relativa al divieto dei forni a legna utilizzati nelle pizzerie. C’è di più: la direttiva non menzionava affatto i forni, più semplicemente conteneva principi molto generali in materia di igiene dei prodotti alimentari.
Una volta superata la questione igienico sanitaria (infatti tramite il raggiungimento di altissime temperature, si assicura la distruzione dei microrganismi patogeni, delle spore e delle tossine) è stata la volta della questione ambientale, affrontata nel Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 8 marzo 2002: “Disciplina delle caratteristiche merceologiche dei combustibili aventi rilevanza ai fini dell’inquinamento atmosferico, nonché delle caratteristiche tecnologiche degli impianti di combustione”.
Anche in questo caso ci sono state preoccupazioni infondate: sembrava infatti che i limiti di emissione previsti dal provvedimento dovessero portare i ristoranti e le pizzerie a predisporre un nuovo forno a legna a norma, oppure probabilmente a rinunciarvi, tanto che molte associazioni di categoria chiesero a gran voce delle proroghe. In realtà le cose non stavano proprio così.
A una lettura attenta, per la legna da ardere i limiti di emissione erano ben al di sopra di quelli raggiunti dai forni in uso nei pubblici esercizi e nei panifici.